Video

Rilasciavano titoli di studio e professionali falsi, 9 arresti



BARI (ITALPRESS) – I finanzieri del Comando Provinciale di Bari e BAT hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 9 persone. I destinatari del provvedimento, emesso dal gip del Tribunale di Trani, sono indagati insieme ad altre 30 persone. Le ipotesi di reato contestate sono, a vario titolo e in concorso tra di loro, di associazione per delinquere, truffa aggravata, falso materiale, corruzione e autoriciclaggio. L’odierna operazione costituisce l’epilogo di un’articolata attività di indagine, delegata al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari e alla Compagnia di Trani, che ha consentito di disvelare l’esistenza di un’organizzazione dedita al rilascio di titoli di studio e professionali falsi o comunque non aventi valore legale nel territorio nazionale, emessi da sedicenti enti universitari, nonché da istituti scolastici di istruzione superiore paritari e scuole professionali dislocate in varie Regioni, in particolare Lazio, Lombardia, Calabria e Sicilia. Il modus operandi avrebbe previsto la costituzione di società di capitali all’estero (Cipro, Regno Unito e America Latina) solo in apparenza abilitate al rilascio di titoli di studio “riconosciuti” anche in Italia; le attività investigative, di contro, hanno consentito di accertare l’inesistenza delle predette entità giuridiche. In particolare, la pluralità di truffe sarebbe stata realizzata da più strutture associative, tra loro connesse. Nel dettaglio, i principali indagati avrebbero creato un polo universitario con base operativa a Trani, che si sarebbe avvalso di una “rete” composta da oltre 55 point dislocati su tutto il territorio nazionale, utilizzata per reclutare innumerevoli discenti, aspiranti insegnanti ovvero laureati e diplomati che avrebbero corrisposto, cadauno, circa 8.000 euro per conseguire un titolo per accedere a concorsi pubblici e/o instaurare rapporti di lavoro soprattutto nel settore dell’istruzione (quali insegnanti di sostegno), conseguendo così un profitto illecito milionario. Le lezioni si sarebbero svolte tramite una piattaforma web appositamente creata, su cui era caricato anche il relativo materiale didattico, di dubbia validità e veridicità, e al termine dei vari corsi sarebbero stati distribuiti i plichi contenenti le pergamene, artatamente create dall’organizzazione, attestanti il conseguimento del titolo; in alcuni casi la consegna è avvenuta nel corso di eventi appositamente organizzati presso un hotel di Roma. Nel corso delle investigazioni è stato altresì rilevato l’inoltro via pec al Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) di centinaia di richieste di riconoscimento dei titoli universitari, prive di qualsiasi documentazione a supporto, strumentali esclusivamente all’ottenimento di una ricevuta di protocollo – generata in automatico dal sistema informatico del dicastero – da utilizzare illecitamente per ottenere un temporaneo incarico di insegnamento.
A seguito di contrasti sorti a causa della spartizione dei profitti illeciti, il gruppo criminale si sarebbe successivamente diviso in tre distinte compagini: la prima avrebbe offerto, nel territorio tranese, percorsi formativi professionali attraverso la costituzione di altre imprese ed aggregandosi a nuovi soggetti; la seconda avrebbe perpetrato il sistema fraudolento costituendo un nuovo “polo” a Foggia – avvalendosi di ulteriori società e associazioni culturali – e acquisendo le quote di un’università privata albanese per mezzo della quale garantire il conseguimento di titoli di studio sempre non aventi valore legale in Italia. In questo contesto due degli indagati avrebbero corrotto un funzionario governativo albanese al fine di garantirsi l’attivazione e la favorevole conclusione del procedimento di accreditamento dell’istituto; la terza, grazie anche all’apporto operativo di un avvocato del foro di Reggio Calabria, avrebbe proposto ai discenti truffati dal gruppo foggiano la consegna di una pergamena, creata ad hoc, in sostituzione di quella già ricevuta, dietro il pagamento di una somma oscillante tra i 500 e i 2.500 euro. Gli ingenti proventi illeciti conseguiti, oggetto dell’odierno provvedimento di sequestro, quantificati complessivamente in circa 10 milioni di euro, sarebbero poi stati reinvestiti nell’attività criminosa, nell’acquisto di beni mobili (tra cui un’autovettura di lusso del tipo Maserati) ed immobili (opportunamente “schermati” dall’intestazione a persone giuridiche). Parallelamente, sono state sottoposte a sequestro impeditivo le quote sociali di 8 imprese, con la conseguente nomina di un amministratore giudiziario, e sono in corso di esecuzione decine di perquisizioni personali e locali in tutta Italia. Le società coinvolte sono state segnalate per i profili di responsabilità amministrativa dipendente da reato. vbo/gtr