Recovery Plan, Periferia Italia: 23 milioni di cittadini tagliati fuori
Piano alternativo nuovo soggetto politico a distribuzione fondi ipotizzati da governo
Segretario Tedeschi: “Da inizio pandemia sono stati commessi errori gravissimi. Ora con i fondi Ue c’è la possibilità di un riscatto, almeno economicamente. È un’occasione storica, per dimostrare alle aree interne e alle periferie del Paese che lo Stato esiste e che non le ha dimenticate”
“Il Recovery Plan è la dimostrazione della scarsa progettualità e della politica del vivere alla giornata tipico del governo” e taglia fuori dai benefici del Piano 23 milioni di cittadini italiani. È la denuncia che viene da Periferia Italia, nuovo soggetto politico (www.periferiaitalia.it), nato con l’obiettivo di sviluppare iniziative volte a dare voce ai territori emarginati e alle popolazioni che in esse risiedono.
Periferia Italia stigmatizza la “pessima distribuzione dei fondi” decisa dal governo, che “adotta una linea politica tutt’altro che lungimirante” e mostra “la totale incapacità di proporre progetti che guardano al futuro e che siano in grado di apportare una vera e propria svolta per l’intero territorio nazionale”. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, secondo la nuova formazione politica, taglia fuori 13 milioni di persone delle aree interne e circa 10 milioni delle periferie. “Rischiamo, in questo modo di sprecare un’occasione unica fornita dall’Europa per ripartire a seguito del grave evento pandemico. Le continue incertezze del governo non fanno bene né alla società né all’economia”, sottolinea Periferia Italia.
PI ha predisposto un piano ‘alternativo’ che prevede 20,08 miliardi di euro per la digitalizzazione, innovazione e competitività con fondi destinati alla condivisione perfetta dei dati in rete tra le varie agenzie del territorio e tutti gli enti statali. Previsti anche 8 miliardi per il ‘controesodo’ delle PMI che avranno intenzione di stanziarsi nelle periferie con un reddito pro-capite molto basso e nei Comuni al di sotto dei 5.000 abitanti. Ulteriori 61,7 miliardi dovrebbero andare, oltre che alla diffusione di auto e mezzi pubblici ibridi ed elettrici, alle energie rinnovabili, alle colture biologiche e biodinamiche, ai palazzi verdi, al rimboschimento, alle aree verdi, al sisma-ecobonus e alla bonifica delle terre dei fuochi.
Per le infrastrutture sarebbe stato opportuno destinare 48,7 miliardi per implementare le reti ferroviarie ad alta velocità, le reti stradali a scorrimento veloce per il collegamento tra le aree interne, il recupero e la manutenzione viaria per aree interne e periferie e rete autostradale. Si punterà molto sul ripristino delle strutture statali abbandonate in corso d’opera e sul recupero urbano delle periferie.
Sul capitolo turismo e cultura, Periferia Italia chiede di stanziare 30,4 miliardi, puntando 3 miliardi sullo sviluppo archeologico per rilanciare il turismo anche nelle aree interne, 12,6 miliardi per il ‘progetto scuola’ e 8 miliardi per la ricerca. Infine, 15,2 miliardi devono essere destinati a inclusione e coesione e 27,6 miliardi alla sanità, recuperando il sistema ospedaliero rilanciando le strutture pubbliche svuotate dei reparti e riorganizzando il sistema Asl nazionale. Sempre alla sanità, serve un incentivo di 4,6 mld per nuove assunzioni.
“Dall’inizio della pandemia sono stati commessi errori gravissimi – conclude il segretario politico di Periferia italia, Antonio Tedeschi –. Ora l’Europa ci sta dando la possibilità di usufruire dei fondi per riscattarci almeno economicamente, per questo non possiamo permetterci errori da principianti. Si tratta di un’occasione storica, dopo decenni di abbandono politico, per dimostrare alle aree interne e alle periferie del Paese che lo Stato esiste e che non le ha dimenticate”.