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Inapp: “No quote per smart working, serve ristrutturare i processi produttivi”

del presidente dell’Istituto, prof. Sebastiano Fadda al Forum della P.A. “Il lavoro agile è una profonda rivoluzione della concezione del lavoro e comporta un grande impegno sia da parte dei manager che da parte dei lavoratori”

Roma, 23 giugno 2021 – Non hanno senso le prescrizioni di quote obbligatorie, così come le scadenze temporali o le graduatorie per “gli aventi diritto” e altre regole fisse per lo smart working: questo non è tanto una diversa modalità di prestazione lavorativa, quanto piuttosto una diversa organizzazione del lavoro. È quanto ha dichiarato il presidente dell’INAPP, prof. Sebastiano Fadda durante un webinar organizzato dall’Istituto nell’ambito del Forum della Pubblica amministrazione.

“Anche la P.A. tradizionalmente poco familiare con le nuove tecnologie ICT, sotto la sferza della pandemia ha fatto ricorso alla modalità telematica per continuare a svolgere le sue funzioni e per mantenere al lavoro i propri dipendenti” – ha detto Fadda – “Ora la P.A. deve far tesoro dall’aver scoperto che parte della propria attività può svolgersi senza una presenza fisica costante negli uffici. Anche la P.A. deve trovare nuove forme di organizzazione del lavoro che realizzino contemporaneamente una maggiore produttività e una migliore qualità del lavoro. Se questi sono gli obiettivi verso i quali bisogna “sfruttare” le nuove tecnologie, non hanno senso le prescrizioni di “quote” obbligatorie di lavoro da remoto, come pure le scadenze temporali o le “graduatorie degli aventi diritto” e simili ipotetiche regole fisse”.

“Bisogna avere chiarezza concettuale su due punti – ha sottolineato il presidente dell’INAPP – Primo: il cosiddetto “smart work” non è il lavoro da remoto, ma è quella ristrutturazione dei processi produttivi (e delle procedure burocratiche nel caso della P.A.) che combina fasi e ruoli da svolgersi in presenza con fasi e ruoli da svolgersi da remoto. Pertanto tali combinazioni devono avere proporzioni interne diverse (rispetto sia alle quote di lavoratori coinvolti, sia alle giornate settimanali di lavoro da remoto) a seconda dei servizi prodotti e delle tecnologie utilizzate. Secondo: lo “smart work” non è una diversa modalità di prestazione lavorativa, ma una diversa organizzazione del lavoro da cui discende una diversa modalità di prestazione lavorativa”.

“Alla luce della diversa organizzazione del lavoro andranno dunque definiti a livello di contrattazione decentrata, nell’ambito di una cornice di regole fondamentali, tutti i problemi specifici di tale modalità (contenuti, tempi, luoghi, leadership, controllo, etc., fino ai buoni pasto!). Tutto questo comporta una profonda rivoluzione della concezione del lavoro e comporta pure un grande impegno (unitamente a evidenti bisogni di formazione) sia da parte dei manager (e bisogna proprio parlare di capacità manageriali anche nella P.A.), sia da parte dei lavoratori” ha concluso Fadda.

 

Erika Ciancio

Erika Ciancio, giornalista iscritta all’Ordine del Lazio. Inizia la sua carriera presso giornali nazionali di cronaca e politica, specializzandosi nei rapporti di pubbliche relazioni con la stampa per personaggi pubblici, anche del mondo dello spettacolo, professionisti e politici nazionali. Esperta in strategie di comunicazione social, punto di riferimento per molti personaggi nei “piazzamenti” televisivi nazionali, radio, e giornali.